
Nel meridione d’Italia i territori delle province di Salerno e di Potenza sono particolarmente ricchi di borghi abbandonati e paesi fantasma.
E’ difficile tracciare un percorso che possa collegare tutti questi piccoli borghi. La mancanza di collegamenti stradali diretti farebbe allungare talmente tanto i tempi di viaggio che occorrerebbero almeno 15 giorni per compiere un giro abbastanza completo del territorio. Anche la sistemazione alberghiera non è sempre semplice. La mancanza di turismo di massa non ha favorito la creazione di strutture, ma si trova sempre qualche Motel lungo la strada, dove poter dormire. E’ invece molto facile trovare locande e trattorie dove poter mangiare cucina “casereccia” a prezzi realmente contenuti.
Proviamo a tracciare tuttavia un itinerario cercando toccare le località più interessanti.
Borghi abbandonati Campania
Roscigno
Partendo da Salerno si segue la strada statale n° 18, verso Sud e poi la n° 166, fino a Roscigno. Il borgo si trova a 570 metri di altezza su un colle dominante la valle del torrente Ripiti, affluente del fiume Calore salernitano. Roscigno è stato recentemente inserito nel patrimonio mondiale protetto dall’Unesco, ed è oramai diviso in due borghi: uno antico, quasi completamente abbandonato a causa di una frana, e uno nuovo più a monte, costruito di recente in una zona più sicura.
L’antico paese di Roscigno, che ha origini agro-pastorali, risale probabilmente al 1300 e il suo nucleo originario si trovava molto più in basso. A seguito dei progressivi smottamenti del terreno gli abitanti furono costretti a trasferirsi sempre più in alto fino a raggiungere nel 1700 il pianoro attuale. Le ultime case costruite nel borgo antico risalgono all’inizio di questo secolo. Poi fu deciso il lento e definitivo trasferimento del paese fino all’attuale luogo, in una posizione sicura scelta dal Genio Civile, qualche chilometro più su.

Sacco Vecchia
A pochissimi chilometri da Roscigno c’è Sacco Vecchia, costruito sul crinale del monte Motola Il paese è affacciato sulla profonda gola del torrente Sammaro, che divide il comune di Sacco da quello di Roscigno. Si tratta di un agglomerato di origini alto medioevali in una zona pressoché inaccessibile, che presenta tracce di edifici religiosi e fortificati risalenti probabilmente al 1200, abbandonati quasi certamente a causa della loro impervia posizione.
A questo punto si hanno due alternative: o continuare verso l’interno , o proseguire verso il mare. Andiamo verso l’interno. Prendendo la statale n° 166 , arrivati ad Atena Lucana si imboccherà l’Autostrada del Sole in direzione Nord, fino a Sicignano degli Alburni. Proseguendo verso Potenza, all’uscita di Buccino c’è la strada per Romagnano al Monte. Siamo a Nord dei monti Alburni, al confine fra Campania e Basilicata.

Romagnano al Monte
Romagnano al Monte, 641 m sul livello del mare è arroccato su uno sperone montuoso e si affaccia sul dirupo profondo della Valle del fiume Bianco. La zona è caratterizzata da rilievi montuosi con le pareti scoscese su precipizi. Il paese dopo il terremoto del 1980 è stato del tutto abbandonato, mentre negli anni 60 si registravano più di 600 abitanti. Di origine medioevale Romagnano al Monte ha vissuto una storia molto simile a quella di altri modesti agglomerati montani a regime pastorale, storia legata alle vicende delle proprietà feudali. In cima all’abitato ci sono i resti di una cinta di mura del castello baronale, mentre al centro in piazza SS Rosario c’è il Municipio e la chiesa settecentesca della Madonna del Rosario. Col terremoto gli abitanti si trasferirono in una tendopoli (Romagnano Nuovo) a circa 1 km da Buccino e là attualmente risiedono, dopo aver ricevuto gratuitamente dallo Stato piccoli lotti di terreno proporzionalmente alle proprietà che avevano nel paese vecchio. Solo 8 anni prima del terremoto a Romagnano era arrivato l’acquedotto.
Ritornando sull’autostrada e dopo aver oltrepassato Potenza, si prende la statale n°407 Basentana che attraversa le valli lucane adiacenti all’estrema Campania meridionale.
Lì le medesime storie di sfruttamento feudale (medesimi erano anche i baroni, Sanseverino, Morra, Carafa ecc., che li governavano) e di emigrazione, insieme a una natura certamente molto ostile, caratterizzata da valli e dirupi scoscesi, da profonde calanche e colline brulle e aride, hanno reso difficile la vita agli abitanti, costretti infine a lasciare le loro case.

San Severino di Centola
Se da Roscigno si decide invece di prendere la via del mare bisogna ritornare sulla statale n° 18. Dopo essere passati da Paestum e dalla sua zona dei Templi si raggiunge Vallo della Lucania. Pochi chilometri ancora e si prenderà la statale n° 447 per Palinuro.
In questo estremo lembo del Cilento costiero c’è San Severino di Centola, un’altro piccolo borgo abbandonato. Il paese è situato su un crinale roccioso che sovrasta la gola del Fiume Mingardo. Lo spettacolare paesaggio che si gode da questo privilegiato punto di osservazione è un valido motivo per una passeggiata al paese; le rovine del castello di Molpa, che la leggenda vuole abbandonato dopo il saccheggio da parte dei pirati saraceni, si intravedono lungo la strada che conduce al villaggio disabitato.
Qui le cause dell’abbandono sono da ricercare in motivi economici piuttosto che geologici. La particolare posizione del villaggio, arroccato sul dirupo, ha provocato la lenta e costante diminuzione del numero di abitanti nel corso dei secoli, fino a mettere in ginocchio – negli anni 60 – l’economia del paesino, basata in prevalenza sulla produzione agricola. L’esodo della popolazione residua, attirata dalle più vivaci località costiere, si è completato circa quindici anni fa e San Severino è attualmente abitato solo da una persona, artista e straniero.
San Severino di Centola: vedi anche
Altri borghi abbandonati della Campania
Disseminati in tutto il territorio Salernitano ci sono poi numerosi casali abbandonati (come ad esempio Case di San Giovanni a Punta Tresino nel comune di S.Maria di Castellabate, Tuoro e Cavalli nei pressi di Roccadaspide, San Nicola di Centola vicino a Palinuro, Sorbo in prossimità di Salerno), che testimoniano la capillarità della antica rete di comunità agricole e pastorali autosufficienti sottoposte al regime feudale. In genere i casali sono situati in zone di difficile accesso e, con la fine del latifondo, a mano a mano hanno perso la loro funzione e quindi sono stati abbandonati.
Le sensazioni che accomunano tutti i luoghi oramai deserti sono di profonda malinconia ma anche di grande curiosità. Sono molte le cause dell’abbandono di un centro abitato: in alcuni paesi l’esodo è totale, in altri è solo il centro storico ad essere svuotato, per motivi che vanno di volta in volta individuati.
Borghi abbandonati Basilicata
In Basilicata lungo le valli dei fiumi Basento e Agri ci sono borghi completamente abbandonati:
Campomaggiore Vecchia
Campomaggiore Vecchia 40 km da Potenza poco lontano dalla statale 407 Basentana, si trova su un alto ripiano, sul versante settentrionale delle Dolomiti della Lucania, uno dei più straordinari paesaggi rupestri d’Italia, con creste altissime e valli e gole profonde. Il paese esisteva già in età sveva, ma la sua storia è segnata dagli abbandoni: uno nel XVII secolo e un secondo nel 1885 quando una frana costrinse gli abitanti a lasciare il borgo e a costruirne uno nuovo a 3 km di distanza. Oggi si possono visitare i ruderi, quasi spettrali, dell’antico paese.

Craco
Craco, invece, è in provincia di Matera ed è arroccato in modo spettacolare sopra ad un poggio. Sebbene sia in migliori condizioni di Campomaggiore, è completamente abbandonato ed è in via di rapido degrado. La causa dell’abbandono è probabilmente un vasto movimento franoso che ha messo in pericolo l’abitato.
Questi itinerari omogenei e tematici sono legati a un discorso di recupero, ove possibile, delle antiche strutture edilizie e delle testimonianze storiche e artistiche di un’ Italia minore meno fortunata ma certo non povera di cultura.
Sopravvissuti negli anni il più delle volte grazie alla loro posizione sicura sulle dorsali delle montagne e perchè lontani dalle rotte di maggiore percorrenza commerciale e militare. Poi la loro non facile storia, spesso segnata da secoli di sfruttamento feudale, è stata definitivamente interrotta da avvenimenti traumatici.
Certamente l’emigrazione, fin dal primo dopoguerra, ha inferto un duro colpo ai piccoli centri rurali spopolandoli in gran parte, ma anche una natura ostile caratterizzata da movimenti franosi e da smottamenti del terreno ha contribuito a degradare le vecchie abitazioni fatiscenti; poi ancora i terremoti, e l’ultimo del 1980 in special modo, hanno determinato il completo abbandono degli abitati.
Le cause dello spopolamento variano da paese a paese, anche se tutte le storie si somigliano. In provincia di Salerno, sui monti Alburni, fra grotte e boschi, in un territorio aspro ed insidioso, molti borghi convivono da anni con la precarietà del suolo. Il terreno di natura arenacea è molto friabile, e l’erosione si manifesta in vaste aree con le caratteristiche calanche. Inoltre le numerosissime frane, accelerate dalle acque pluviali che si infiltrano nella fitta rete dei condotti carsici contribuiscono allo smottamento del terreno. Le grotte e la grande quantità di sorgenti pedemontane certo non contribuiscono a dare stabilità al suolo.

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