Nel Settecento la Tonnara del Corvo dava lavoro a molta gente, ma dopo quasi un secolo di attività chiuse perché era diventata poco redditizia. Tuttavia il mare continuò ad aiutare la gente del posto e i marinai lavorarono a lungo navigando per trasportare in barca le merci da un porto all’altro. La costruzione della ferrovia diede un altro duro colpo alla già fragile economia del paesino ma ancora una volta il mare fu la risorsa e grazie alla pesca di alici e sarde Castel di Tusa è sopravvissuta allo scorrere del tempo. Sulla spiaggia che da sempre accoglieva soltanto reti di pescatori e pochi villeggianti c’era anche una vecchia struttura ormai abbandonata. Dopo un radicale lavoro di ristrutturazione quell’edificio è diventato un albergo, diverso dagli altri, unico in Sicilia e forse anche unico al mondo, l’Art Hotel Atelier sul Mare. Sarde e acciughe del bel mar blu di Sicilia hanno allora ceduto il passo al turismo di qualità, e hanno dato spazio ad una nuova e florida economia con una grande valenza etica, di cui l’Arte, quella scritta con la A maiuscola è il perno fondante. L’artefice dell’ambizioso progetto è stato Antonio Presti, un moderno mecenate siciliano e anche artista. La scelta del luogo, però, non è stata casuale perché a Castel di Tusa c’erano il cementificio e l’azienda di famiglia. Dopo la morte del padre, il giovane Antonio, 29 anni e laureando in ingegneria, decide che il suo futuro non è nelle costruzioni stradali ma nell’arte, compiendo così una scelta di vita intesa quasi come una missione esistenziale. “Non volevo dedicare la mia vita al denaro. Ho scoperto l’arte e quali possibilità poteva offrirmi. Ho preso quindi quei soldi [l’eredità del padre, n.d.r.] e li ho messi al servizio di un ideale.”
La storia inizia una ventina di anni fa. A pochissimi chilometri dal suo paese natale, in ricordo del padre, Antonio Presti fonda il parco scultoreo Fiumara d’Arte che oggi è uno dei luoghi più visitati di Sicilia. Il progetto artistico si snoda lungo il greto del torrente Tusa, ormai prosciugato, che dalle foreste delle Madonie e dei monti Nebrodi scende fino al mare. Fra il 1984 e il 1990 importanti artisti italiani come Tano Festa, Pietro Consagra, Antonio di Palma, Italo Lanfredini, realizzano su commissione di Presti delle enormi opere d’arte contemporanea che trasformano l’antico letto del fiume in un grande museo en plein air. Pur essendo un grande proprietario terriero Presti decide di istallare le opere su zone demaniali perché vuol donare allo Stato, e quindi alla gente, il neonato giacimento culturale. Ma la burocrazia siciliana segue ciecamente il suo corso scatenando anche l’indignazione del mondo artistico internazionale. Presti viene denunciato per abusivismo edilizio, subisce 8 processi e viene condannato a 15 giorni di prigione e alla demolizione delle opere abusive. Finalmente, nel 1990 la Corte di Cassazione lo assolve da ogni responsabilità e dal 1991 Fiumara d’Arte è parte del patrimonio artistico e culturale dello Stato.
Nonostante le disavventure giudiziarie il suo entusiasmo per l’arte non si arresta. A Catania, sulla costa meridionale dell’isola, Antonio Presti apre la sua casa settecentesca ai giovani artisti con la volontà di restituire spazio alla creatività e l’intenzione di liberare gli autori dai vincoli economici che sempre più regolano la produzione artistica. Insomma, un progetto pensato per il puro piacere di creare arte. La “Casa Stesicorea“, il nome lo deve alla Piazza Stesicoro su cui affaccia, diventa così una vera e propria fucina di progetti artistici, ogni anno i suoi spazi vengono ridisegnati e vengono aperti al pubblico per una grande kermesse d’arte internazionale.
Il successo dell’iniziativa catanese ricalca quella di Castel di Tusa dove l’eccentrico mecenate realizza negli anni ‘90 l’hotel Atelier sul Mare. L’idea è semplice e allo stesso tempo rivoluzionaria: per apprezzare l’arte non basta guardarla ma bisogna viverci dentro. “Non c’è da meravigliarsi“, sostiene Presti, “che tanta gente trascuri l’arte contemporanea, quando anche chi visita le mostre passa solo qualche secondo davanti ad ogni quadro, scultura o installazione“. Un progetto eclettico e in costante evoluzione, che con giochi di prospettive e di colori e grazie ad un sapiente uso di materie antiche e tecnologie moderne riesce a creare atmosfere di intima riflessione o di assoluta esaltazione dei sensi. La creatività trasforma un’anonima camera d’albergo in luogo in cui “si dorme in una poesia e ci si sveglia in un’opera d’arte“, dove l’ospite completa l’opera stessa diventandone quasi parte integrante. La struttura dell’albergo è a tre piani, bianca, in stile mediterraneo, con all’esterno una enorme Nike dorata che sembra sostenere tutto il lato dell’edificio. Le pareti della hall sono tappezzate di giornali nazionali ed esteri che pubblicarono le vicende giudiziarie di Fiumara d’Arte e il banco della portineria è una grande lastra poggiata su due pietre scolpite da Bobo Otera. In alto, spicca la frase “Devozione alla bellezza”, grido di battaglia di Antonio Presti ma anche la rievocazione di un grande evento culturale organizzato dallo stesso Presti a Catania nel 1999, durante il quale venne acceso un monumentale cero di 15 metri realizzato dallo scultore Arnaldo Pomodoro insieme a 15 allievi dell’accademia di Belle Arti, in onore di Sant’Agata, patrona della città. Il ristorante dell’albergo affaccia sul mare ed è una vera e propria galleria d’arte contemporanea, con opere provenienti dalla collezione privata del mecenate di Tusa.
Ci sono in tutto 40 camere, la metà delle quali, pur essendo definite standard, sono arredate con sculture, quadri, ceramiche e altre opere d’arte contemporanea.
E poi ci sono le 20 camere “d’arte”, tutte diverse una dall’altra, realizzate da artisti italiani e stranieri di riconosciuta fama: Danielle Mitterand, Raoul Ruiz, Mauro Staccioli, Hidetoshi Nagasawa, Piero Dorazio, Graziano Marini, Agnese Purgatorio, Ute Pyka, Maurizio Mochetti e Adele Cambria, Cristina Bertelli, Mario Ceroli, Sislej Xhafa, Renato Curcio, Fabrizio Plessi, Paolo Icaro, Maria Lai, Luigi Mainolfi, Michele Canzoneri, Annalisa Furnari, Vincenzo Consolo, Dario Bellezza, Umberto Leone e lo stesso Antonio Presti.
Ogni camera ha un nome suggestivo che evoca il tema trattato: La Bocca della Verità, La stanza del Mare Negato, Trinacria, Sogni tra Segni, Su Barca di Carta m’ Imbarco, La Torre di Sigismondo, Il Nido, La Stanza della Terra e del Fuoco, Linea d’Ombra, La Stanza del Rito Necessario, Mistero per la Luna, Hammam, La Stanza Senza No, Energia, La Stanza dei Portatori d’Acqua, La stanza del Profeta, La stanza della Pittura.
Nella realizzazione delle camere non c’è stato alcun intervento da parte del committente e tutti gli artisti hanno trasferito nell’opera le loro emozioni usando stili ogni volta diversi che vanno dal minimalismo giapponese alle arcaiche forme arabo-mediterranee. C’è chi si è ispirato al dramma La vida es sueño di Calderon de la Barca e chi si è interrogato sull’evoluzione della scrittura, chi ha voluto fare un omaggio alla Sicilia e chi, invece, ha preferito ricordare il poeta e regista Pier Paolo Pasolini. Perciò, per vivere in simbiosi con la creazione artistica ad ogni ospite viene data la possibilità di scegliere dove alloggiare in base allo stato d’animo del momento e, naturalmente, nei limiti della disponibilità.
Parlando della sua camera Mistero per la Luna Hidetoshi Nagasawa disse “Io immagino l’ipotetico visitatore che entra nell’Atelier, va alla reception, sale su nella sua stanza con la chiave e si chiude dentro. Da quel momento quello spazio diventa “il suo” spazio, un museo vivo da fruire. Non un albergo con le opere d’arte in bella mostra, ma un luogo dove le persone possano vivere nel museo, un museo a misura umana, con tutte le opere a misura umana. Chi vuole per un’ora, due giorni, una settimana, può vivere nell’opera: secondo me questa è una situazione unica“.
L’ Arte per l’Arte, dunque, è la linea guida che da alcuni anni Antonio Presti segue per arginare, almeno nel suo piccolo, il dilagare inarrestabile del binomio “arte-business”, ma anche perché la “devozione alla bellezza” si diffonda anche con semplicità tra la gente comune.
Funziona? A Castel di Tusa sembra proprio di si.
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